Aspetti inediti sulla storia del libro: I buoni colori di una volta.
Per un autore che si rispetti pubblicare qualsiasi lavoro che porti la sua firma è un compito gravoso, soprattutto per la responsabilità che legherà per sempre, indissolubilmente, il suo nome e la sua reputazione a ciò che ha realizzato e firmato. Mentre all’editore spettano responsabilità altrettanto importanti e impegnative ma limitate nel tempo. Infatti, sia l’autore che l’editore devono, o dovrebbero, far “crescere” quello che, dopo la sottoscrizione del contratto e fino allo scadere di esso, diventa di fatto la “loro” creazione, nella visibilità e soprattutto nella opinione dei lettori. Quindi pubblicare ad es. un libro, per alcuni aspetti, è proprio come “mettere al mondo” un figlio che per l’autore, di solito, è un figlio desiderato… molto desiderato.
Per quanto mi riguarda, la parte veramente gratificante nell’impresa editoriale del mio libro più venduto, fin ora, non è stata, come potrebbe sembrare, quella del “ritorno” economico, ma “il bello” della faccenda, consiste ancora e soprattutto nell’avere, ogni tanto, i pareri spontanei dei lettori. Ciò mi ha dato modo di conoscere persone veramente speciali, che mi hanno arricchito col loro apporto scientifico, critico e il più delle volte “solo umano”, semplicemente col loro: «Grazie Professore, continui così».
Ho scritto I buoni colori di una volta. Ricettario fotografico per conoscere e fabbricare pigmenti, leganti, vernici e materiali artistici antichi, direttamente dai trattati medievali, durante i miei frequenti spostamenti sulla linea Pescara – Firenze e ritorno, nonostante i disagi del viaggio in treno o in autobus.
La mia “creatura”, nella redazione della prima edizione, ha visto la luce nel lontano 2005 dopo circa dieci anni di assiduo lavoro. Quindi l’ho depositata amorevolmente in SIAE e sono stati necessari altri cinque anni affinché riuscissi a trovare un editore disposto a pubblicarla esattamente come io l’avevo pensata e strutturata, pur essendomi subito impegnato per cercarlo. Nel “mondo dell’editoria” ho incontrato ostacoli che prima non avrei immaginato di incontrare nella nostra civilissima Italia, soprattutto da parte di chi – per consapevole scelta professionale, per soldi, per prosopopea oppure “per caso” – i libri li produce, ma che, evidentemente, non sempre ha tempo e voglia di leggerli.
Durante gli anni di studio, soprattutto delle fonti letterarie antiche, medievali e rinascimentali, ho avuto modo di leggere molto (ad es. i 368 titoli elencati nella Bibliografia). Infine, sono riuscito a concludere il mio “manoscritto”, cioè la prima copia nata in casa, (una emozione indimenticabile) dalla mia stampante, che già a prima vista appariva bello, “colorato” e invitante, specialmente per le tante fotografie che oggi, sulla terza edizione, sono diventate 400. Infatti, in ordine alfabetico sono collocati in bellavista soprattutto i fiori delle piante tintorie, per alcuni dei quali ho dovuto aspettare due o tre primavere successive l’una all’altra, per poter realizzare le riprese nel periodo migliore e i minerali (in ordine alfabetico, dall’Azzurrite al Verde terra). Tutte queste foto, però, a stamparle in Quadricromia offset costano tanto e proprio a causa dell’elevato costo tipografico il mio lavoro si presentava, nelle previsioni, molto impegnativo per quanto riguarda l’impegno finanziario da investire.
La ricerca dell’editore specializzato in Arte e tecniche pittoriche
La ricerca dell’editore ha avuto dei risvolti tragicomici (per certi aspetti più tragici che comici). Ad es., una notissima, antica casa editrice, a cui per prima spedii – ovviamente in posta raccomandata – il mio pesante “fagottino” mi invitò, dopo circa sette mesi di attesa, a prendere contatti con una sua filiale. Lì mi dissero che avrei dovuto ridurre a metà il formato del libro da A4 ad A5, inoltre, avrei dovuto smontare tutte le foto (o l’avrebbero fatto loro per me), disponendole in soli due gruppi. Tutto il resto delle 240 pagine di cm 29,7 x 21, diventate di colpo 480 di cm 21 x 15 ca. sarebbe rimasto un testo “brullo”, disadorno, praticamente un “mattone” in bianco e nero. Nel mio discorso, invece, le fotografie sono disposte apposta in modo tale che il lettore possa vedere subito, comodamente, l’immagine col colore del materiale grezzo di cui si tratta nel testo e sotto di essa leggere e vedere, anche dalle foto seguenti, la progressione del procedimento di fabbricazione.
Se avessi seguito il loro consiglio i gruppi di foto compattate nei “sedicesimi a colori” (da un singolo foglio si ottengono sedici pagine in formato A5) oggi sarebbero stati uno al centro e uno in fondo al libro. Per di più mi dissero che, per ridurre ancora di più il previsto rilevante costo di stampa delle numerose foto a colori – che secondo loro erano e sarebbero rimaste, comunque e nonostante tutto “troppe” –, avrei dovuto “almeno per un bel po’” convertire quelle a colori, appunto sui buoni colori di una volta… in bianco e nero. E qui “mi caddero le braccia”. Il lavoro derivante sarebbe stato di sicuro veramente originale perché un libro che tratti della fabbricazione dei colori con foto in bianco e nero non s’è mai visto.
Quindi andai avanti sistematicamente nella ricerca dell’editore, attendendo, invano, secondo la prassi, una risposta da tre a otto mesi (un’attesa che presso i “grandi” editori italiani è considerata normale), ogni volta! Se la risposta non arriva entro quel periodo, vuol dire che il materiale inviato – che non sarà in nessun caso restituito – non interessa e nessuno dirà mai il perché.
Finalmente incontrai il primo editore accogliente, specializzato in cataloghi d’arte, che subito mi fece tanti complimenti e lodò molto il mio lavoro, anche perché era già stato “passato al setaccio” e promosso a pieni voti: addirittura “con tre A” (che è il massimo del punteggio conseguibile), attraverso la lettura di professionisti che correggono le bozze e valutano l’originalità del soggetto, la qualità ortografica, stilistica ed estetica dei manoscritti. Infatti, questi giudizi sono molto importanti perché servono all’editore per valutare il da farsi e le aspettative sulla futura vendita. Poi, nel discorso, mi disse candidamente, senza darci molto peso, cioè come fosse una cosa dovuta, del tutto consueta e normale, che avrebbero volentieri stampato le prime mille copie de I buoni colori di una volta, se da parte mia ci fosse stato “un contributo”… di sedicimila euro. Qui mi caddero le braccia (una seconda volta).
Io, che al momento mi trovavo sprovvisto di quegli “spiccioli” in tasca, declinai gentilmente l’invito, anche perché fino ad allora – avendo speso così tanto tempo e soldi per “farlo” il mio libro – pensavo di doverci guadagnare qualcosa. Dico almeno le spese già anticipate: quelle necessarie ad es. per “noleggiare” o per comprare – anche all’estero – i diritti di pubblicazione di alcune delle foto inserite, oppure per andare in giro a farle le foto e a studiare nelle biblioteche storiche, in montagna e negli Orti botanici (per i fiori) di mezza Italia. Quindi ringraziai per l’attenzione e per l’apprezzamento e salutai, non troncando definitivamente il discorso, ma rimandando la faccenda, senza alcun impegno né da parte mia, né da parte loro, “a tempi migliori”. Forse, chissà, «Magari trovassi un finanziatore» perché oggettivamente, come mi ripeteva: «Il libro…l’è proprio un bel libro».
Eureka!
Siccome in Italia, purtroppo, la percentuale dei lettori abituali è molto bassa, infatti, poche persone leggono abitualmente almeno un libro all’anno e pochissime ne leggono almeno uno al mese e siccome – come gli editori sanno bene – la maggior parte dei possibili acquirenti è convinta che un libro, pur bellissimo, meraviglioso o splendido che possa essere, non debba costare MAI – in nessun caso! – più di venti euro, (a proposito v. la recensione sul n. 125 (2022) della rivista Kermes, dove a pag. 14 è stato indicato un prezzo maggiorato rispetto a quello reale, di copertina, del mio libro che è di 38€). Quindi la mia impresa, volendo assolutamente lasciare il mio lavoro così com’era strutturato, appariva con pochissime possibilità di riuscita. Solo un temerario avrebbe potuto spendere l’equivalente del costo di una piccola automobile, utilitaria (nuova), per stampare le prime mille copie del mio libro, per poi rimanere per qualche mese nel dubbio – atroce – “si venderanno o non si venderanno?” Così pensai di chiedere aiuto nel convento benedettino più antico d’Italia dove, effettivamente, è possibile chiedere ed ottenere miracoli e nel 2010, uno spericolato e lungimirante “piccolo editore” (come si è definito lui, in una intervista) si è trovato. Tuttavia, come ho già detto, ci sono voluti cinque anni di ricerche affinché io riuscissi a vedere finalmente stampato il mio libro, esattamente come lo volevo. Inoltre, grazie a Dio e alle preghiere delle donne più felici che io abbia mai incontrato, la prima edizione è stata venduta subito. Tant’è che oggi queste prime copie dalla copertina bianca sono introvabili, ricercate dai collezionisti di libri che, dettagliatamente, riguardano l’Arte e le Tecniche artistiche antiche, anche con traduzioni dal Latino “a fronte”. Inoltre, solo due anni dopo è stata stampata “alla grande” la seconda edizione “ampliata”, stavolta con copertina blu scuro impreziosita (addirittura!) dalla scritta del sottotitolo in oro, esaurita, anche questa, nel 2016.
Le copertine delle tre edizioni a confronto
Valenza e novità scientifiche apportate alla conoscenza di alcuni materiali pittorici e artistici antichi
Dal punto di vista scientifico questo libro ha il merito di aver identificato e messo in ordine (suddivisi per classi di appartenenza e in ordine alfabetico) i colori ed i materiali artistici antichi e di aver risolto finalmente, e direi senza alcun dubbio (perché le foto lo dimostrano), alcuni punti relativi alla vera natura e consistenza di alcuni materiali che sono stati in passato oggetto di accesi dibattiti tra gli esperti. Vedi ad es. tra i colori minerali il famoso caso del medievale lapide sanguinario di Teofilo o lapis amatito; da Cennino Cennini descritto come “prieta [pietra] fortissima et soda” e da D.V.Thompson indicato come ematite (terrosa). V. nell’indice le voci: Diaspro rosso ed Ematite. Oppure tra, i coloranti di origine vegetale, la ricerca (difficilissima) e l’identificazione fotografica dell’Eliotropium tricoccum, impiegato dagli amanuensi medievali per tingere il ”folium” di pergamena. Tra i coloranti di origine animale il prodotto scarlatto ottenuto dalle “palline” del Chermes vermilio (introvabili), oppure quello della vera porpora antica ottenuta dalle conchiglie marine (vive). Tra i colori di origine artificiale ho pubblicato il dosaggio preciso degli ingredienti per ottenere il Blu egiziano (Fritta di Alessandria o Blu di Vestorio) di cui si era perso il segreto della fabbricazione nel periodo Alto medievale (avvalendomi di uno studio pregresso dell’Istituto Centrale del Restauro).
Estrazione dello scarlatto dalle palline del Chermes vermilio. V. I buoni colori di una volta
Considerazioni finali
In veste di autore ritengo che per un nuovo libro la migliore pubblicità – la più lusinghiera –, sia quella del “passaparola”, cioè del passaggio delle opinioni e dei giudizi da un lettore all’altro. Ma questa attesa, quando i libri non ristampati subito scarseggiano, può agevolare la pirateria e il lavoro dei disonesti. Infatti, il vero successo di un libro che consiste essenzialmente nel beneficio e nell’arricchimento che apporta al lettore, si deduce oltre che dal numero delle edizioni, dall’ampiezza delle tirature e dalle vendite effettive a prezzo pieno, direi soprattutto da altri indicatori del valore dell’opera, che sono o che potrebbero essere:
1) Le coincidenze “strane”.
Si, è vero che non sono l’unico ad occuparmi di questo argomento specifico ma è altrettanto vero che, oltre ai pochissimi, noti testi in bianco e nero, fino al 2010, anno della prima pubblicazione de: I buoni colori di una volta. Ricettario fotografico per conoscere e fabbricare pigmenti, leganti, vernici e materiali artistici antichi, direttamente dai trattati medievali, non c’era proprio nulla sul mercato, sia librario che degli audiovisivi, che gli somigliasse cioè che spiegasse fotograficamente – proprio come farebbe un ricettario di Cucina –, come si preparavano i colori nell’antichità, quelli medievali, quelli rinascimentali (in totale circa 80) arrivando a trattare fino a quelli particolari usati o inventati da Rubens (che non sono mai stati in commercio), con larghezza di dettagli, di notizie, storiche, tecniche, tossicologiche, simboliche e religiose. Quindi direi che dopo la pubblicazione del mio lavoro, “si sono svegliati tutti” perché c’è stata un’improvvisa attenzione verso il tema che ritengo di aver proposto e trattato, per primo, in modo innovativo, cioè fotograficamente e vedendo la faccenda dal lato positivo direi che veramente “ho fatto Scuola”. Infatti, l’idea e il metodo nel presentare colori e coloranti, nonché la fabbricazione dei materiali artistici antichi, con sequenze fotografiche, sono stati sviluppati in vari modi – e senza tanti complimenti – da parte di altri, professionisti e non: autori di articoli su giornali, riviste, un conferenziere, sceneggiatrici/autori di documentari TV. Siccome l’editore delle prime edizioni (2010/2012) allora non era tra i più noti e pubblicizzati, ragioni dimostrabili mi fanno pensare che alcuni possano aver approfittato di questa scarsa notorietà del mio libro a livello nazionale, utilizzandone “sottotraccia”, in forma più o meno palese, ridotta o modificata, alcune parti, non citandolo ma citando invece, talvolta, come “copertura”, gli autori dei trattati di cui mi sono occupato e in particolare Cennino Cennini, che più degli altri quattordici trattatisti antichi dettagliatamente esaminati, ho voluto liberare dal suo ostico, incomprensibile linguaggio Tosco-Veneto di fine Trecento, rendendolo facilmente accessibile a chiunque.
2) La proliferazione “sospetta” di video pubblicati su YouTube, che trattano dei procedimenti di produzione di singoli colori antichi, mostrando in video la sequenza di fabbricazione già descritta nel libro. Omettendo – tra l’altro e direi soprattutto – anche di segnalare i rischi gravissimi che alcuni dei materiali pittorici antichi comportano per la salute di chi mette in pratica “sui fornelli di casa” lavorazioni di sostanze tossiche senza le dovute cautele che io, invece, – per prima cosa – ho sottolineato sempre, ogni volta che era necessario o solo opportuno.
3) In ultimo gli indirizzi, su Internet, che propongono il PDF del mio libro scaricabile “gratis” o quasi, cioè a rischio e pericolo di phishing, ovvero di prosciugamento immediato del conto bancario di chi abbocca. Anche quando operano “soltanto” (il più delle volte) per carpire i dati dei clienti e rivenderli, questi “signori” lo fanno comunque in modo illecito – perché nessuno li ha autorizzati a dire che è gratis quello che è in vendita (con spedizione compresa) sul sito: www.diodatoeditore.it e nelle migliori librerie. Costoro operano in palese violazione della legge sul Copyright che prevede un periodo di almeno settanta anni, dalla morte dell’autore, che in questo caso (potete controllare!) è ancora qui a scrivere, prima che l’opera del suo ingegno possa legalmente considerarsi di dominio pubblico. In tali siti anche il mio faticosissimo lavoro è messo apparentemente “a disposizione” da magnanimi, novelli Robin Hood, che – bontà loro – rubano ai ricchi autori per dare ai poveri lettori su Internet.
Nel 2018, essendo arrivato alla felice decisione di auto-pubblicarmi, anche in considerazione del profetico allungamento della mia vita (cioè della “aspettativa di vita”, vaticinata in base ai dati ISTAT e non solo), si verificò la terza “caduta di braccia” davanti alla richiesta di un “grosso”, importante Distributore di libri, che per il suo servizio capillare presso le librerie di tutta Italia mi chiedeva il 50% sul prezzo di copertina di 38€. Una proposta irricevibile se si considerano il costo di stampa, e tutti gli altri oneri fiscali e di gestione messi insieme.
Però “il lancio” della Terza edizione riveduta de: I buoni colori di una volta. Ricettario fotografico per conoscere e fabbricare pigmenti, leganti, vernici e materiali artistici antichi, direttamente dai trattati medievali è stato veramente memorabile, straordinario. Infatti, all’arrivo del primo e del secondo pacco di libri, prelevati in tipografia e riservati apposta agli studenti del mio corso di Restauro dei dipinti su tela e su tavola all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si è verificato un fatto singolare.
Dopo aver parcheggiato l’auto lì dove i Vigili non vanno a multarla, – era ormai notte – ho poggiato un attimo i pacchi di cartone per terra, uno sopra l’altro, il tempo necessario per chiudere la macchina e per poterli sistemare sulla stretta base del carrellino, che mi serviva per trasportarli alla fermata del bus urbano. Ma l’asfalto quella sera era ancora un po’ bagnato dalla recente pioggia e c’erano, nel buio, ogni tanto, delle piccole pozzanghere. Accadde quindi che, a causa degli schizzi delle ruote che bagnavano il cartone, dopo circa duecento metri, cominciai letteralmente a seminare i miei nuovissimi libri lungo il tragitto, come farebbe un agricoltore nell’orto o come faceva Pollicino quando lasciava le bricioline per strada, e naturalmente non me ne accorsi.
Arrivato quasi alla fermata venni rincorso e avvicinato da un signore gentilissimo (un ex allievo dell’Accademia), che, resosi conto dell’accaduto aveva lasciato il suo daffare ed era tornato apposta ad avvisarmi: «Professor Diodato!», «Si, mi dica», «Guardi che sta perdendo tutti i suoi libri!» e subito dopo mi aiutò alacremente a raccoglierli, uno ad uno. Quelli fuoriusciti dal pacco sfondato, al mio provvidenziale aiutante sembrarono essere stati “lanciati apposta”, considerata la distanza regolare a cui si trovavano, a pochi metri uno dall’altro. Comunque, poco male perché questo frangente “umido” ebbe un lieto fine, infatti, da allora i miei libri furono e lo sono stati fino al termine dell’emergenza Covid, tutti sigillati singolarmente nella bustina trasparente (il cellophane rimane oggi solo per racchiudere l’allestimento del libro in “confezione regalo”).
Come per le spose sorprese da un acquazzone è il caso di dire: “Libro bagnato… libro fortunato”, anche se alla Fortuna e al suo corollario ho già dedicato il primo numero di questo Blog.